Lo scoppio del conflitto in Ucraina ha portato ad un aumento vertiginoso del prezzo dei carburanti; una nuova criticità per il settore automotive che era in fase di lenta risalita.

Il settore automotive sembra non conoscere pace. Lo scoppio del conflitto in Ucraina e il conseguente aumento dei prezzi dei carburanti e, più in generale, delle materie prime energetiche hanno aggravato una fase di criticità per il settore iniziata oltre tre anni fa, con lo scoppio della pandemia di Covid-19. Dinamiche diffuse a livello globale che attanagliano il settore in ogni segmento: mobilità privata, noleggio a lungo e medio termine e gestione delle flotte aziendali.

Caro dei carburanti: le cause
Il caro benzina riconducibile alla crisi ucraina ha diverse cause. La Russia è la prima esportatrice al mondo di greggio con una percentuale dell’8% sulla produzione globale. Solamente questo dato sarebbe sufficiente a spiegare le dinamiche verificatesi nell’ultimo mese, quando l’Agenzia internazionale per l’Energia è intervenuta attingendo alle risorse strategiche presenti per far fronte alla situazione di crisi.

Il costo del greggio potrebbe raggiungere così i livelli record che si erano toccati solamente nel 2008, con lo scoppio del conflitto tra Russia e Georgia, quando il prezzo del barile aveva raggiunto i 147 dollari.

Tasse e accise
Oltre ai costi di estrazione, trasporto e stoccaggio, e quelli di raffinazione, si sa che ad incidere in modo tangibile sul prezzo della benzina vi sono le imposte e le accise applicate dai singoli Stati nazionali.

Il contesto italiano è da sempre caratterizzato da una fiscalità pesante. Il 22% del prezzo al consumatore finale è costituito dall’IVA: una percentuale che va ad incidere in modo pesante visto che più il prezzo della materia raffinata aumenta e più il peso dell’imposta va ad aggravarsi.
Oltre all’IVA non bisogna dimenticare le accise, imposte fisse applicate sulla fabbricazione o sulla vendita di specifici prodotti. Nel caso dei carburanti, per la benzina si parla di 0,72 euro/litro, mentre per il diesel ci si ferma agli 0,61 euro/litro.

Le conseguenze: un futuro elettrico più vicino
Le conseguenze per il mercato automotive potrebbero essere importanti, con un’accelerazione della transizione dai veicoli dotati di motori endotermici a veicoli elettrici. Un passaggio tuttavia non scontato visto che la maggior parte dell’energia necessaria per la ricarica proviene anch’essa da fonti di energia non rinnovabili.
Quello che appare in ogni caso ormai certo è che la crisi dei carburanti porterà ad una generale contrazione del mercato nei prossimi mesi, quando il caro delle materie prime interesserà sia i consumatori privati che le strutture aziendali a tutti i livelli.
Nel recente passato si erano già verificati aumenti improvvisi dei prezzi del petrolio che non avevano portato a grossi cambiamenti in ottica green mobility.

Green mobility: un nuovo scenario
Questa volta il discorso potrebbe essere diverso: l’aumento dei modelli elettrici a disposizione e lo sviluppo delle tecnologie ad essi connessi potrebbero essere degli importanti elementi catalizzatori. Anche nel caso della produzione di batterie per auto elettriche i costi dei materiali sono lievitati, ma le caratteristiche strutturali del mercato sono sicuramente più flessibili. Ultimo aspetto da considerare è che già nel periodo pandemico, le vendite delle auto elettriche avevano subito un contraccolpo proporzionalmente inferiore rispetto a quello delle auto a benzina e diesel.