Tra le dinamiche generate dalla conversione delle flotte aziendali da mezzi alimentati con combustibili fossili ad autoveicoli elettrici, stabilita dal  piano “Fit for 55 previsto dalla Commissione Europea, la gestione ed il riciclo delle batterie è uno dei punti più sentiti e delicati.

Le batterie costituiscono l’elemento fondamentale della rivoluzione green che sta investendo il settore automotive: attorno ad esse ruota l’immagazzinamento e la fornitura dell’energia al motore, oltre che il funzionamento e le prestazioni dell’auto. Sono diversi i fattori che vanno a incidere sul loro ciclo di vita come la data di produzione, la tecnologia produttiva ed il materiale utilizzato: gli ioni di litio, la cui durata indicativa è di 160 mila km in circa 8/10 anni, e i polimeri di litio, utilizzati da aziende come Tesla e Volkswagen, la cui durata si attesta intorno ai 200 mila km in 10/12 anni. Altro fattore importante che incide sulla vita della batteria è la ricarica: i tempi, le modalità e la tecnologia utilizzata.

Ma come accorgersi che una batteria è da sostituire? Indicativamente quando la sua capacità scende al di sotto del 70% rispetto alla sua condizione iniziale. Una volta raggiunto questo limite bisogna procedere alla sostituzione e allo smaltimento.

Le procedure di smaltimento sono regolate dalla Direttiva 2006/66/CE, recepita in Italia con il Decreto Legislativo 188/2008, e ne affidano la responsabilità ai produttori automobilistici che a loro volta affidano il servizio a società specializzate.

Altra prerogativa è il tasso di riciclo dei componenti delle batterie: la normativa stabilisce che almeno il 50% dei materiali, tra cui cobalto, litio e nichel, deve essere recuperato. 

Per quanto riguarda il contesto italiano, attualmente sul territorio nazionale non vi sono impianti di riciclo delle batterie agli ioni di litio, che quindi vengono indirizzate principalmente in Germania e Francia, o vengono destinate agli impianti nel sud est asiatico. Tuttavia la Cobalt, azienda specializzata nel settore, sta sviluppando uno studio di fattibilità in collaborazione con il CNR di Firenze per la definizione di una tecnologia idro-metallurgica a costi contenuti che permetterà la realizzazione di un impianto in Italia entro il 2023.